Tag: disconferma, doppio legame, tentata soluzione, schizofrenia, raggi fotonici.
Se ve lo state chiedendo, il mio costosissimo psicoterapeuta immaginario mi ha esortato a raccontare la mia interiorità complessa come parte di una terapia della personalità narcisistica. Questo è il motivo della presente riflessione.
Una volta guarito, basterà rivolgermi ad uno specialista in psicosi allucinatorie che mi liberi dallo psicoterapeuta immaginario prima che pretenda la parcella.
Ogni volta che il numero di persone con cui mi trovo a interagire supera il due, me compreso, io inizio un inesorabile percorso di sofferenza che aumenta col crescere di quel numero. Tre: trovo difficile seguire un discorso. Quattro: le voci si sovrappongono e mi si accavallano le orecchie. Cinque: il dialogo si interrompe in un susseguirsi di battute, scherzi, maliziose allusioni e io perdo contatto con le facoltà limbiche. Sei ed oltre: quello che vorrei dire, quello che vorrei ascoltare e tutta l'intimità di questo mondo viene violentata da una festosa euforia.
Quando mi invitano ad una festa, nessuno immagina il misto tra speranza, gratitudine e terrore che mi assale mentre la mia bocca priva oramai del controllo mentale scandisce con un sorriso le parole "si, grazie". Se in tali occasioni osservate attentamente, potete scorgere nel buio della mia cavita orale un'anima disperata aggrapparsi ai denti come alle sbarre di una prigione.
Vi è mai capitato di fermarvi nel bel mezzo di una serata e chiedervi "che diavolo ci faccio io qui?".
Sappiate che, nelle mie condizioni, accettare un invito di compleanno e rimanere fedele alla promessa è il più grande atto d'amore che io possa compiere. Accidentalmente è anche la giustificazione del fatto che non vi ho portato il regalo.
Si è vero, sarebbe bastato ammettere che non faccio regali ai compleanni per taccagneria o pigrizia invece di imbastire una apologia di 20 righe, ma proprio in questo sta la mia anormalità, ovvero non tanto nella mia idiosincrasia alle feste o ai regali quanto al fatto che ho bisogno di venti righe per esprimerla.
E se vi stupite per così poco, cosa direste allora dell'idealismo dialettico o della gnoseologia la cui ermeneutica è legata alle dimensioni ontologiche della comprensione, come esegesi testuale fondata su uno sconfinato e prolisso spiegamento di eserciti di parole per dire cose per le quali chiunque altro impiegherebbe monosillabi?
E se vi dicessi che nemmeno rileggendola più volte, la frase precedente acquista un senso?
Vi faccio un esempio pratico.
Ne "L'essere e il nulla", un enorme opera di centinaia di pagine che costituisce il fondamento teorico di una corrente filosofico-letteraria che è l'esistenzialismo, Sartre si è limitato ad affermare che l'esistenza precede l'essenza, ovvero l'uomo è condannato ad essere libero se nessuno lo invita il sabato sera.
Oppure prendete la psicanalisi, ovvero l'arte di dire qualcosa di arbitrario su qualcuno, senza nemmeno usare le carte dei tarocchi.
Voglio dire, a volte se una cosa sembra una cazzata, magari il motivo è perché in effetti lo è. D'altra parte chi ha mai dato a Sartre dignità di filosofo se non i suoi contemporanei compagnucci di merende filosofiche?
E chi ha dato valore alle ricorrenti ossessioni verso gli impulsi sessuali di un Austriaco (Freud) innamorato dell'amata (Salomè) di un filosofo (Nietzsche) che abbracciava cavalli, se non coloro che si arricchiscono in suo nome (gli psicoanalisti)?
Se ci pensate bene (sempre se pensare non vi risulti offensivo), tutta la letteratura e la filosofia e le loro degenerazioni (psicologia et al.) costituiscono una sconfinata e autobiografica apologia dell'inadeguatezza dei filosofi e dei letterati stessi all'esistenza. E nonostante ciò nessuno ne ha mai fatto un dramma a parte gli studenti alle prese con Leopardi.
Ma d'altronde chi mai può dirsi davvero normale, a parte le persone normali?
P.S. Per non lasciare che il mio giudizio negativo ne risultasse influenzato, non ho mai letto "L'essere e il nulla" di Sartre né alcuno degli scritti di Freud. Credo che uno sbrigativo e pregiudiziale disprezzo sia a volte più salutare di un erudito e argomentato prostrarsi al paradigma culturale corrente.
Se ve lo state chiedendo, il mio costosissimo psicoterapeuta immaginario mi ha esortato a raccontare la mia interiorità complessa come parte di una terapia della personalità narcisistica. Questo è il motivo della presente riflessione.
Una volta guarito, basterà rivolgermi ad uno specialista in psicosi allucinatorie che mi liberi dallo psicoterapeuta immaginario prima che pretenda la parcella.
Ogni volta che il numero di persone con cui mi trovo a interagire supera il due, me compreso, io inizio un inesorabile percorso di sofferenza che aumenta col crescere di quel numero. Tre: trovo difficile seguire un discorso. Quattro: le voci si sovrappongono e mi si accavallano le orecchie. Cinque: il dialogo si interrompe in un susseguirsi di battute, scherzi, maliziose allusioni e io perdo contatto con le facoltà limbiche. Sei ed oltre: quello che vorrei dire, quello che vorrei ascoltare e tutta l'intimità di questo mondo viene violentata da una festosa euforia.
Quando mi invitano ad una festa, nessuno immagina il misto tra speranza, gratitudine e terrore che mi assale mentre la mia bocca priva oramai del controllo mentale scandisce con un sorriso le parole "si, grazie". Se in tali occasioni osservate attentamente, potete scorgere nel buio della mia cavita orale un'anima disperata aggrapparsi ai denti come alle sbarre di una prigione.
Vi è mai capitato di fermarvi nel bel mezzo di una serata e chiedervi "che diavolo ci faccio io qui?".
Sappiate che, nelle mie condizioni, accettare un invito di compleanno e rimanere fedele alla promessa è il più grande atto d'amore che io possa compiere. Accidentalmente è anche la giustificazione del fatto che non vi ho portato il regalo.
Si è vero, sarebbe bastato ammettere che non faccio regali ai compleanni per taccagneria o pigrizia invece di imbastire una apologia di 20 righe, ma proprio in questo sta la mia anormalità, ovvero non tanto nella mia idiosincrasia alle feste o ai regali quanto al fatto che ho bisogno di venti righe per esprimerla.
E se vi stupite per così poco, cosa direste allora dell'idealismo dialettico o della gnoseologia la cui ermeneutica è legata alle dimensioni ontologiche della comprensione, come esegesi testuale fondata su uno sconfinato e prolisso spiegamento di eserciti di parole per dire cose per le quali chiunque altro impiegherebbe monosillabi?
E se vi dicessi che nemmeno rileggendola più volte, la frase precedente acquista un senso?
Vi faccio un esempio pratico.
Ne "L'essere e il nulla", un enorme opera di centinaia di pagine che costituisce il fondamento teorico di una corrente filosofico-letteraria che è l'esistenzialismo, Sartre si è limitato ad affermare che l'esistenza precede l'essenza, ovvero l'uomo è condannato ad essere libero se nessuno lo invita il sabato sera.
Oppure prendete la psicanalisi, ovvero l'arte di dire qualcosa di arbitrario su qualcuno, senza nemmeno usare le carte dei tarocchi.
Voglio dire, a volte se una cosa sembra una cazzata, magari il motivo è perché in effetti lo è. D'altra parte chi ha mai dato a Sartre dignità di filosofo se non i suoi contemporanei compagnucci di merende filosofiche?
E chi ha dato valore alle ricorrenti ossessioni verso gli impulsi sessuali di un Austriaco (Freud) innamorato dell'amata (Salomè) di un filosofo (Nietzsche) che abbracciava cavalli, se non coloro che si arricchiscono in suo nome (gli psicoanalisti)?
Se ci pensate bene (sempre se pensare non vi risulti offensivo), tutta la letteratura e la filosofia e le loro degenerazioni (psicologia et al.) costituiscono una sconfinata e autobiografica apologia dell'inadeguatezza dei filosofi e dei letterati stessi all'esistenza. E nonostante ciò nessuno ne ha mai fatto un dramma a parte gli studenti alle prese con Leopardi.
Ma d'altronde chi mai può dirsi davvero normale, a parte le persone normali?
P.S. Per non lasciare che il mio giudizio negativo ne risultasse influenzato, non ho mai letto "L'essere e il nulla" di Sartre né alcuno degli scritti di Freud. Credo che uno sbrigativo e pregiudiziale disprezzo sia a volte più salutare di un erudito e argomentato prostrarsi al paradigma culturale corrente.
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