L'ultima lettera ai morti

Sei gia morto. Hai dovuto sopportare soglie di dolore psicologico così alte, che oggi non sei in grado di sentire più niente. Non senti l'amore degli amici, non senti l'amore delle donne, non sai più dare amore. Abbracciare qualcuno per te è una vergogna da coprire col riso, e verrà anche il giorno in cui preferirai abbracciare i gatti piuttosto che le persone.
Ma io non ti giudico, perchè io c'ero e so quello che hai dovuto sopportare. Conosco l'odio che hai dovuto ingoiare dagli occhi dei tuoi genitori, le grida continue e quotidiane di notte e di giorno quando eri così piccolo che ti sembrava di morire. So delle umiliazioni da parte di chi non credeva in te e ti dava dello stupido.
Io c'ero e mi svegliavo ogni notte annientato da incubi terribili.
Io c'ero e venivo umiliato come te per ogni piccolo errore che nemmeno sapevo di commettere.
Io c'ero, ed ogni volta, dopo ogni tempesta, tutto sembrava ricominciare daccapo e ti dicevano che era normale, che tutto questo accadeva in ogni famiglia.
Io c'ero ma mi sono salvato. A caro prezzo s'intende.
E mi sono salvato perchè ho intrapreso la strada del rifiuto. Perchè non ho mai creduto loro, quando mi dicevano che era normale.
Per te invece oggi, tutto questo è normale. Non prendi le distanze da tanta scelleratezza. Ti siedi accanto a loro e mangi come nulla fosse, come se, solo un attimo prima, non ti avessero detto che il loro problema è che non ne possono più di farti da mangiare.
Io invece sto qua e scrivo. Se non avessi scritto, se non avessi detto no, se avessi accettato con la tua rassegnazione il loro odio e le violenze verbali, i ricatti morali, la crudeltà e l'infelicità, neanche io oggi sentirei più niente. Anche io oggi mi starei chiedendo come mai la mia vita è così priva d'amore.
Io ho tentato di spiegartelo in tutti i modi e non hai potuto capire. Ma coi morti non si parla, avrei dovuto saperlo.

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