Sul perchè "desiderare" e "dare valore" sono due azioni diverse

Prendete una meravigliosa tavola imbandita con le migliori prelibatezze al centro di una stanza e lasciate che un uomo e un maiale affamati vi si avvicinino. Certamente vedrete entrambi iniziare a mangiare.
Si dovrebbe dedurne che il maiale ha lo stesso gusto raffinato dell'uomo?
Adesso prendete la stessa stanza e ponetevi al centro due tavole imbandite, a diversa distanza dai commensali. Nella più vicina cibo ordinario e nella più lontana le prelibatezze.
Chi sceglierà la tavola più facile da raggiungere?

una cosa

Che è successo? hai degli occhi terribili.

L'ho fatto.

Cosa?

L'ho umiliato, gli ho mentito, l'ho offeso. Ho scopato persino con un altro e gliel'ho detto.

E lui?

Lui era triste, confuso, ha pianto.

E poi?

Poi me ne sono andata. Ho pianto anche io all'inizio e poi non ho sentito più niente.

Meglio così, no? Dammi retta, era la cosa più giusta da fare, l'ho fatto anche io una volta e si sta subito meglio.

Non so, c'è qualcosa di strano. Adesso sono tranquilla, serena, ma non riesco a ritrovare quella cosa.

Quale cosa?

C'era una cosa prima, io lo so, solo che adesso non la trovo. Avevo questa cosa insopportabile di cui non potevo fare a meno.

E se era insopportabile allora perché la tenevi? Almeno ricordi com'era fatta?

Avrà avuto che ne so la forma di una pietra. O forse era un anello. Però mi ricordo che lui una volta mi disse con grande serietà: "Vedi questa cosa? ognuno di noi ne ha una. Nessuno te la può dare e nessuno, tranne te, può togliertela". 

Ma che fesserie sono queste? Per carità, non ricordo di aver mai avuto cose che nessuno potesse darmi. Comunque tornando seri, dopo che hai fatto?

Niente ti ripeto, me ne sono andata. E lui mi fissava.

Come ti fissava?

Si, è strano. Mi guardava con gli stessi occhi di prima. Gli stessi occhi intensi di sempre, solo un po diversi, sembrava che, come dire, mi compatissero. E poi ricordo che aveva una cosa, lì, tra le mani, ma non riuscivo a riconoscerla. Però la proteggeva.

L'autodeterminazione ai tempi di instagram

Al di la delle mia personale sensibilità religiosa di cui qui non discuto, sono in un certo senso "meccanicista" e ritengo che l'uomo possa essere considerato una macchina. Una meravigliosa macchina biologica. Spesso mi capita di pensare che non ci sia bisogno di chiamare in causa un'anima trascendentale per dare a questa stupenda macchina una dignità. Non c'è bisogno nemmeno di credere che sia perfetta poichè, nei fatti, non lo è. Basta ricordare due cose.
La prima è che ogni sistema complesso ha delle proprietà emergenti non deducibili dalla semplice somma delle sue parti. Ciò indica che, considerati nella nostra totalità, possediamo un valore che va ben oltre quello espresso dalla somma dei valori delle singole parti e pertanto vendersi a pezzi sarebbe antieconomico.
La seconda è che sebbene un'automobile sia da considerarsi una macchina alla stregua di un'aspirapolvere, non ci sogneremmo mai di usare la prima al posto della seconda.
Adesso un memorandum: abbiamo un corpo formato da circa 40.000 miliardi di cellule e circa cento miliardi di neuroni, tramite i quali abbiamo sviluppato sensazioni, emozioni, sentimenti, creatività, ingegno.
Date queste premesse a volte mi chiedo se non ci sia bisogno di rivedere un po il concetto di autodeterminazione.
E di riflettere un attimo prima di postare le tette su instagram.