elezioni

L'uomo giusto per guidare l'Italia deve essere qualcuno da cui gli italiani si sentano veramente rappresentati. Cioè, quantomeno, un mediocre.

mister x

Agisco nell'ombra, ché alla luce del sole ho caldo.

come convincere un idiota che è un idiota e viceversa

vi sembrerà forse inopportuno che venga a dirlo proprio a voi ma negli ultimi tempi mi sta succedendo una cosa strana. E non è solo strana ma è anche incredibilmente ricorrente ed ha assunto toni surreali da sindrome paranoide ossessiva. Insomma mi sta accadendo che sempre di più, ogni giorno, ovunque io vada, mi renda conto di essere circondato, assediato, da una evidente, esuberante, disarmante, disperante totalizzante mediocrità. Una mediocrità folle spensierata dilagante che si è sostituita al tessuto stesso del vivente ed ha infettato così profondamente l'esistenza che nessuno più se ne accorge tranne me (e un mio amico scrittore che non esce più di casa).
Voglio dire, io vedo questo enorme incubo avanzare inesorabile nel suo lento inghiottire ogni forma di vita e non riesco nemmeno a gridarlo, come in quei sogni in cui fuggi al rallentatore da un nemico alle tue spalle e dopo qualche istante capisci che la forma espressiva più adeguata è la disperazione.
Che poi capita che ogni tanto io incontri un amico e mi metta a parlare del più e del meno finché ad un certo punto sono colto da attacchi di panico e devo correre a casa a leggermi un brano del Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein.
Sono certo che capirete che probabilmente sono giunto al capolinea delle forme di malattia mentale che si possono sperimentare sulla terra, ma vi giuro che mentre vado in giro per la città o leggo dai profili di facebook gli ultimi pettegolezzi, non riesco mai ad avvertire un accenno a qualche interrogativo di quelli più impegnativi tipo per quale motivo dio avrebbe fornito gli esseri umani di un cervello con 100 miliardi di neuroni.
Non so, basterebbe avere voglia di farsi delle domande, di esprimere dubbi e magari spegnere quella cazzo di televisione per sovvertire l'intero ordine mondiale ma invece no. Invece sono costretto a sapere di subnormali calciatori di palloni e puttane che accumulano fortune grazie a degli zombi che li osannano, mentre i migliori cervelli devono espatriare.
E non è nemmeno una questione di cultura ma di curiosità. Curiosità, una parola morta, morta insieme agli esseri umani.
ma che ve lo dico a fare?

DSM (terza e forse ultima parte)

A volte quella delle malattie mentali sembra un'industria. Fateci caso.
Woody Allen ha potuto permettersi le cure di *costosi* psicanalisti grazie ai *ricchi* introiti dei film di grande successo coi quali sublimava le proprie nevrosi. Un po' come se andassi dal medico a raccontargli di aver guarito un'emicrania e poi gli pagassi la parcella.
Con questo non voglio sminuire quasi un secolo di studi sulla psiche inaugurati da un tipo che inventava di sana pianta i casi clinici e che dice di aver psicanalizzato Mosè e Leonardo Da Vinci (1), è solo che questa mania analizzatrice potrebbe sembrare eccessiva considerando che non esiste nessuno che non possegga una qualche caratteristica non già contemplata nel manuale diagnostico e statistico delle giovani marmotte. Il che, unitamente alle spese che ho dovuto sostenere tra psichiatri e psicoterapeuti, mi ha lasciato il sospetto che se fossi nato povero sarei stato necessariamente sano.
Di storie familiari patologiche tratte dalle vite delle persone normali se ne possono sicuramente raccontare parecchie e la differenza con quelle catalogate nei reparti psichiatrici la conosce solo chi ne paga le spese, ovvero la sanità pubblica o i figli, vittime sacrificali di una eterosessualità che non deve chiedere mai.
La domanda che vi pongo oggi è se mentre siete sdraiati su un lettino o inginocchiati dentro un confessionale avete mai il sospetto che dall'altra parte ci sia qualcuno che si masturba con i vostri peccati.
Io per sicurezza ho sempre preferito guardare negli occhi le persone a cui mi rivolgevo, come quella volta che in seguito alla rottura con l'ennesima fidanzata chiesi sostegno ad una terapeuta in un consultorio familiare.
Ricordo che dopo qualche seduta in cui le raccontavo i miei disagi amorosi e il da essi derivante sentimento di inadeguatezza e il da esso derivante desiderio di abbandonare l'università e successivamente il mondo, la terapeuta scoppiò in un improvviso pianto dirotto. Allora io, senza scompormi, nella fluidità di un gesto vinil-compassionevole che avevo spesso subìto, presi uno dei classici fazzolettini da pianto terapeutico posti nel portafazzolettini a sua volta posto opportunamente sulla scrivania, e realizzai uno dei sogni più proibiti che un paziente con disagio psichico possa sognare di soddisfare, ovvero porgerlo ad un terapeuta che piange.
Devo ammettere che, trascorsi i primi attimi di vendicativa soddisfazione, sprofondai in un grande imbarazzo. Davvero i miei problemi erano così gravi?
Dopo aver consolato la terapeuta in un lungo colloquio in cui venni a conoscenza delle sue personali problematiche e aver raccolto i pezzi di una autostima precaria, feci l'unica cosa che davvero funzionava per risollevarmi dai problemi amorosi, ovvero innamorarmi di nuovo.
Perché in fondo l'amore per le donne è sempre stata la soluzione più efficace ai problemi causati dalle donne.

Come credete che facessero gli uomini primitivi a risolvere i problemi psicologici? Può darsi che non ne avessero bisogno dal momento che non era ancora stata inventata la psiche (2) ma personalmente ho sviluppato la teoria secondo la quale le malattie mentali sono frutto di un complotto delle case farmaceutiche per nascondere il ben più grave problema delle scie chimiche.
Nel tentativo di documentarmi circa le problematiche esistenziali dell'antichità, ho scoperto che il primo vero psicologo di cui si ha memoria visse ad Atene intorno al 300 a.c. e si chiamava Epicuro. Egli riteneva che il miglior rimedio verso le paure dell'uomo fosse un frugale regime di vita comune basato sulla solidarietà e l'amicizia e il dialogo e per questo esortava gli adepti a vivere insieme mantenendosi estranei alla vita politica. I documenti storici riportano che tale metodo funzionò per un certo periodo fino alla morte di Epicuro e degli epicurei, in seguito alla quale la loro saggezza fu dimenticata. Gli uomini disimpararono a dialogare, si chiusero in luoghi angusti chiamati famiglie, smisero di credere nei sogni e di seguire i progetti di realizzazione personale, si ripiegarono su se stessi e sui figli, e non riuscendo più a comprendersi reciprocamente decisero di rivolgersi a degli specialisti pagati per fare quello che un amico avrebbe fatto spontaneamente e con affetto.
Lo so che qualcuno starà pensando che gli specialisti sanno quello che fanno e usano delle tecniche speciali e scientifiche ma basta guardare la frammentarietà dell'attuale "sapere" psicologico per comprendere quanto sia nebulosa questa "supposta conoscenza"  che poi è anche un'immagine davvero evocativa di una modalità di somministrazione farmaceutica rettale.

In sintesi esiste un mondo immaginario e bibliografico nel quale le persone posso essere distinte in affette da disturbi di vario tipo oppure normali. Per il puro piacere della scoperta e perché la normalità mi annoiava, io mi sono finto per anni appartenente alla prima categoria.
Avendo accumulato una certa esperienza sul campo, oggi fondamentalmente penso, per quanto pensare sia un termine forte, che nell'idea stessa di una terapia della mente ci sia il seme del medesimo disagio che si intende curare.
Chissà che un giorno invece delle solite pretestuose litigate tra amanti non assisteremo a dialoghi come questo:


Tesoro ci vediamo stasera?

Cara mi spiace,  stasera esco con gli amici.

Capisco.

Sei dispiaciuta forse?

A dire la verità sono un po' gelosa

Amore, non preoccuparti, sei l'unica donna della mia vita e sei bella e intelligente e sai quanto sia importante vivere relazioni amicali ricche di stimoli distali quanto prossimali, al di fuori di un contesto che rischierebbe di inaridirsi nell'esclusività di un quotidiano deprivato di integrazione sociale e ricchezza dialogica.

Certo caro ti comprendo, e anzi auspico per te una variegata metacomunicazione sociale e pubblica, una cinesica disinibita, una libera espressione dell'empatia sebbene all'interno di un contesto spaziale in cui la prossemica personale resti sopra la soglia dei 45 cm.



Credo sinceramente che un dialogo del genere non avverrà mai. Anzi, credo che qualora avvenisse sarebbe davvero sconcertante. Sconcertante e fonte di disoccupazione per qualcuno.



(1) L'ho letto su Google.
(2) "La soluzione è il problema" amava ripetere Paul Watzlawick

DSM (seconda e non ultima parte)

Tag: disconferma, doppio legame, tentata soluzione, schizofrenia, raggi fotonici.

Se ve lo state chiedendo, il mio costosissimo psicoterapeuta immaginario mi ha esortato a raccontare la mia interiorità complessa come parte di una terapia della personalità narcisistica. Questo è il motivo della presente riflessione.
Una volta guarito, basterà rivolgermi ad uno specialista in psicosi allucinatorie che mi liberi dallo psicoterapeuta immaginario prima che pretenda la parcella.

Ogni volta che il numero di persone con cui mi trovo a interagire supera il due, me compreso, io inizio un inesorabile percorso di sofferenza che aumenta col crescere di quel numero. Tre: trovo difficile seguire un discorso. Quattro: le voci si sovrappongono e mi si accavallano le orecchie. Cinque: il dialogo si interrompe in un susseguirsi di battute, scherzi, maliziose allusioni e io perdo contatto con le facoltà limbiche. Sei ed oltre: quello che vorrei dire, quello che vorrei ascoltare e tutta l'intimità di questo mondo viene violentata da una festosa euforia.
Quando mi invitano ad una festa, nessuno immagina il misto tra speranza, gratitudine e terrore che mi assale mentre la mia bocca priva oramai del controllo mentale scandisce con un sorriso le parole "si, grazie". Se in tali occasioni osservate attentamente, potete scorgere nel buio della mia cavita orale un'anima disperata aggrapparsi ai denti come alle sbarre di una prigione.
Vi è mai capitato di fermarvi nel bel mezzo di una serata e chiedervi "che diavolo ci faccio io qui?".
Sappiate che, nelle mie condizioni, accettare un invito di compleanno e rimanere fedele alla promessa è il più grande atto d'amore che io possa compiere. Accidentalmente è anche la giustificazione del fatto che non vi ho portato il regalo.

Si è vero, sarebbe bastato ammettere che non faccio regali ai compleanni per taccagneria o pigrizia invece di imbastire una apologia di 20 righe, ma proprio in questo sta la mia anormalità, ovvero non tanto nella mia idiosincrasia alle feste o ai regali quanto al fatto che ho bisogno di venti righe per esprimerla.
E se vi stupite per così poco, cosa direste allora dell'idealismo dialettico o della gnoseologia la cui ermeneutica è legata alle dimensioni ontologiche della comprensione, come esegesi testuale fondata su uno sconfinato e prolisso spiegamento di eserciti di parole per dire cose per le quali chiunque altro impiegherebbe monosillabi?
E se vi dicessi che nemmeno rileggendola più volte, la frase precedente acquista un senso?
Vi faccio un esempio pratico.
Ne "L'essere e il nulla", un enorme opera di centinaia di pagine che costituisce il fondamento teorico di una corrente filosofico-letteraria che è l'esistenzialismo, Sartre si è limitato ad affermare che l'esistenza precede l'essenza, ovvero l'uomo è condannato ad essere libero se nessuno lo invita il sabato sera.
Oppure prendete la psicanalisi, ovvero l'arte di dire qualcosa di arbitrario su qualcuno, senza nemmeno usare le carte dei tarocchi.
Voglio dire, a volte se una cosa sembra una cazzata, magari il motivo è perché in effetti lo è. D'altra parte chi ha mai dato a Sartre dignità di filosofo se non i suoi contemporanei compagnucci di merende filosofiche?
E chi ha dato valore alle ricorrenti ossessioni verso gli impulsi sessuali di un Austriaco (Freud) innamorato dell'amata (Salomè) di un filosofo (Nietzsche) che abbracciava cavalli, se non coloro che si arricchiscono in suo nome (gli psicoanalisti)?
Se ci pensate bene (sempre se pensare non vi risulti offensivo), tutta la letteratura e la filosofia e le loro degenerazioni (psicologia et al.) costituiscono una sconfinata e autobiografica apologia dell'inadeguatezza dei filosofi e dei letterati stessi all'esistenza. E nonostante ciò nessuno ne ha mai fatto un dramma a parte gli studenti alle prese con Leopardi.

Ma d'altronde chi mai può dirsi davvero normale, a parte le persone normali?

P.S. Per non lasciare che il mio giudizio negativo ne risultasse influenzato, non ho mai letto "L'essere e il nulla" di Sartre né alcuno degli scritti di Freud. Credo che uno sbrigativo e pregiudiziale disprezzo sia a volte più salutare di un erudito e argomentato prostrarsi al paradigma culturale corrente.

sconfitta

Sono figlio di Achille, vincitore di mille battaglie. Fu vaticinato che mai spada o freccia mi avrebbe trafitto e che avrei combattuto qualsiasi rivale senza paura. 
Ma il vero avversario non è quello che sai di poter battere. Così inviarono un ombra che si fece lentamente strada nel mio cuore e infine si sedette sul mio petto. Da allora io guardo il mondo bruciare e il cielo azzurro sopra di esso e mi chiedo perché dovrei abbandonare il mio giaciglio. Questo cielo è sopra la mia testa da sempre e per sempre uguale sarà sulle teste degli uomini. E prima o poi arriverà qualcuno a salvare il mio regno o a edificarne uno nuovo sulle sue macerie.