gregge

Ma se il papa è il vostro pastore e voi siete il gregge, me lo fate un belato?

Tutti geni

E' morto Jannacci e hanno detto che era un genio meraviglioso.
E' morto Califano e hanno detto che era un poeta geniale.

Non mi sento tanto bene. Non vorrei diventare un genio pure io.

Notizie Ansa del Fu Marzo 2013

1) In Italia quando muori diventi un genio. Forse perché gli italiani si trovano più a loro agio con i morti. Questione di affinità.
2) Conosco dei veri geni che non trovano editori perché gli italiani non leggono se non scemenze prive di qualità, per le quali non è necessario nessuno sforzo intellettuale. Quegli italiani siete voi davanti la televisione. (p.s. Jannacci negli ultimi anni faceva fatica a trovare un contratto).
3) La radio ripete gli stessi brani all'infinito finché non vi sembra di apprezzarli. Se ai vostri figli piace justin biberon è perchè vi hanno visti per anni ascoltare celentano. Avessero ascoltato Bach si sarebbero già suicidati, ma con onore.
4) Io di Saggi non ne vedo, al massimo saggicciotti.
5) Qualcuno ha fatto il nome di Amato. Non vi è bastato farvi togliere le mutande nel 90, volete osare di più.
6) Agli amanti dei contentini (per i credenti invece è inutile) ricordo: "Cos'è un nome? Ciò che chiamiamo rosa, con qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo."
7) "Napolitano: resto fino all'ultimo giorno." Sono sempre i migliori che se ne vanno.

deterrenti

Una volta frequentavo una tipa. 
Due sere prima di partire per un viaggio, lei uscì fino a notte tarda con un tipo che già da tempo le faceva la corte. Il giorno successivo venne da me a raccontarmi l'episodio e di quanto fosse orgogliosa di non avergli dato il numero di telefono che lui aveva tanto insistentemente chiesto. 
Insomma, gliela aveva fatta annusare tutta la serata lasciandolo infine a boccasciutta.
Ammesso che questo fosse davvero l'epilogo della serata, ciò che non capii sul momento è perché lo aveva raccontato proprio a me.
Poi una sera, mentre tornavo a casa facendo lo slalom tra le cacche dei cani, vidi due gatti che soffiavano l'uno all'altro, senza che nessuno si muovesse per attaccare. 
E allora mi venne in mente che forse quel giorno, la tipa di cui sopra mi aveva scambiato per un gatto.

auguri

- cosa sareste voi uomini se noi non esistessimo?
- possiamo fare la prova?

Per l'otto marzo avrei voluto dirvi qualcosa di intelligente. Ma non lo avreste capito.

se gli idioti

Se gli idioti sapessero volare questo posto sarebbe un aerop...ehi, guarda quelle case laggiù.

dimissioni

Non so se è peggio quello che ho sentito dire sul papa in questi giorni o quello che ho sentito dire dal papa in questi anni.

elezioni

L'uomo giusto per guidare l'Italia deve essere qualcuno da cui gli italiani si sentano veramente rappresentati. Cioè, quantomeno, un mediocre.

mister x

Agisco nell'ombra, ché alla luce del sole ho caldo.

come convincere un idiota che è un idiota e viceversa

vi sembrerà forse inopportuno che venga a dirlo proprio a voi ma negli ultimi tempi mi sta succedendo una cosa strana. E non è solo strana ma è anche incredibilmente ricorrente ed ha assunto toni surreali da sindrome paranoide ossessiva. Insomma mi sta accadendo che sempre di più, ogni giorno, ovunque io vada, mi renda conto di essere circondato, assediato, da una evidente, esuberante, disarmante, disperante totalizzante mediocrità. Una mediocrità folle spensierata dilagante che si è sostituita al tessuto stesso del vivente ed ha infettato così profondamente l'esistenza che nessuno più se ne accorge tranne me (e un mio amico scrittore che non esce più di casa).
Voglio dire, io vedo questo enorme incubo avanzare inesorabile nel suo lento inghiottire ogni forma di vita e non riesco nemmeno a gridarlo, come in quei sogni in cui fuggi al rallentatore da un nemico alle tue spalle e dopo qualche istante capisci che la forma espressiva più adeguata è la disperazione.
Che poi capita che ogni tanto io incontri un amico e mi metta a parlare del più e del meno finché ad un certo punto sono colto da attacchi di panico e devo correre a casa a leggermi un brano del Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein.
Sono certo che capirete che probabilmente sono giunto al capolinea delle forme di malattia mentale che si possono sperimentare sulla terra, ma vi giuro che mentre vado in giro per la città o leggo dai profili di facebook gli ultimi pettegolezzi, non riesco mai ad avvertire un accenno a qualche interrogativo di quelli più impegnativi tipo per quale motivo dio avrebbe fornito gli esseri umani di un cervello con 100 miliardi di neuroni.
Non so, basterebbe avere voglia di farsi delle domande, di esprimere dubbi e magari spegnere quella cazzo di televisione per sovvertire l'intero ordine mondiale ma invece no. Invece sono costretto a sapere di subnormali calciatori di palloni e puttane che accumulano fortune grazie a degli zombi che li osannano, mentre i migliori cervelli devono espatriare.
E non è nemmeno una questione di cultura ma di curiosità. Curiosità, una parola morta, morta insieme agli esseri umani.
ma che ve lo dico a fare?

DSM (terza e forse ultima parte)

A volte quella delle malattie mentali sembra un'industria. Fateci caso.
Woody Allen ha potuto permettersi le cure di *costosi* psicanalisti grazie ai *ricchi* introiti dei film di grande successo coi quali sublimava le proprie nevrosi. Un po' come se andassi dal medico a raccontargli di aver guarito un'emicrania e poi gli pagassi la parcella.
Con questo non voglio sminuire quasi un secolo di studi sulla psiche inaugurati da un tipo che inventava di sana pianta i casi clinici e che dice di aver psicanalizzato Mosè e Leonardo Da Vinci (1), è solo che questa mania analizzatrice potrebbe sembrare eccessiva considerando che non esiste nessuno che non possegga una qualche caratteristica non già contemplata nel manuale diagnostico e statistico delle giovani marmotte. Il che, unitamente alle spese che ho dovuto sostenere tra psichiatri e psicoterapeuti, mi ha lasciato il sospetto che se fossi nato povero sarei stato necessariamente sano.
Di storie familiari patologiche tratte dalle vite delle persone normali se ne possono sicuramente raccontare parecchie e la differenza con quelle catalogate nei reparti psichiatrici la conosce solo chi ne paga le spese, ovvero la sanità pubblica o i figli, vittime sacrificali di una eterosessualità che non deve chiedere mai.
La domanda che vi pongo oggi è se mentre siete sdraiati su un lettino o inginocchiati dentro un confessionale avete mai il sospetto che dall'altra parte ci sia qualcuno che si masturba con i vostri peccati.
Io per sicurezza ho sempre preferito guardare negli occhi le persone a cui mi rivolgevo, come quella volta che in seguito alla rottura con l'ennesima fidanzata chiesi sostegno ad una terapeuta in un consultorio familiare.
Ricordo che dopo qualche seduta in cui le raccontavo i miei disagi amorosi e il da essi derivante sentimento di inadeguatezza e il da esso derivante desiderio di abbandonare l'università e successivamente il mondo, la terapeuta scoppiò in un improvviso pianto dirotto. Allora io, senza scompormi, nella fluidità di un gesto vinil-compassionevole che avevo spesso subìto, presi uno dei classici fazzolettini da pianto terapeutico posti nel portafazzolettini a sua volta posto opportunamente sulla scrivania, e realizzai uno dei sogni più proibiti che un paziente con disagio psichico possa sognare di soddisfare, ovvero porgerlo ad un terapeuta che piange.
Devo ammettere che, trascorsi i primi attimi di vendicativa soddisfazione, sprofondai in un grande imbarazzo. Davvero i miei problemi erano così gravi?
Dopo aver consolato la terapeuta in un lungo colloquio in cui venni a conoscenza delle sue personali problematiche e aver raccolto i pezzi di una autostima precaria, feci l'unica cosa che davvero funzionava per risollevarmi dai problemi amorosi, ovvero innamorarmi di nuovo.
Perché in fondo l'amore per le donne è sempre stata la soluzione più efficace ai problemi causati dalle donne.

Come credete che facessero gli uomini primitivi a risolvere i problemi psicologici? Può darsi che non ne avessero bisogno dal momento che non era ancora stata inventata la psiche (2) ma personalmente ho sviluppato la teoria secondo la quale le malattie mentali sono frutto di un complotto delle case farmaceutiche per nascondere il ben più grave problema delle scie chimiche.
Nel tentativo di documentarmi circa le problematiche esistenziali dell'antichità, ho scoperto che il primo vero psicologo di cui si ha memoria visse ad Atene intorno al 300 a.c. e si chiamava Epicuro. Egli riteneva che il miglior rimedio verso le paure dell'uomo fosse un frugale regime di vita comune basato sulla solidarietà e l'amicizia e il dialogo e per questo esortava gli adepti a vivere insieme mantenendosi estranei alla vita politica. I documenti storici riportano che tale metodo funzionò per un certo periodo fino alla morte di Epicuro e degli epicurei, in seguito alla quale la loro saggezza fu dimenticata. Gli uomini disimpararono a dialogare, si chiusero in luoghi angusti chiamati famiglie, smisero di credere nei sogni e di seguire i progetti di realizzazione personale, si ripiegarono su se stessi e sui figli, e non riuscendo più a comprendersi reciprocamente decisero di rivolgersi a degli specialisti pagati per fare quello che un amico avrebbe fatto spontaneamente e con affetto.
Lo so che qualcuno starà pensando che gli specialisti sanno quello che fanno e usano delle tecniche speciali e scientifiche ma basta guardare la frammentarietà dell'attuale "sapere" psicologico per comprendere quanto sia nebulosa questa "supposta conoscenza"  che poi è anche un'immagine davvero evocativa di una modalità di somministrazione farmaceutica rettale.

In sintesi esiste un mondo immaginario e bibliografico nel quale le persone posso essere distinte in affette da disturbi di vario tipo oppure normali. Per il puro piacere della scoperta e perché la normalità mi annoiava, io mi sono finto per anni appartenente alla prima categoria.
Avendo accumulato una certa esperienza sul campo, oggi fondamentalmente penso, per quanto pensare sia un termine forte, che nell'idea stessa di una terapia della mente ci sia il seme del medesimo disagio che si intende curare.
Chissà che un giorno invece delle solite pretestuose litigate tra amanti non assisteremo a dialoghi come questo:


Tesoro ci vediamo stasera?

Cara mi spiace,  stasera esco con gli amici.

Capisco.

Sei dispiaciuta forse?

A dire la verità sono un po' gelosa

Amore, non preoccuparti, sei l'unica donna della mia vita e sei bella e intelligente e sai quanto sia importante vivere relazioni amicali ricche di stimoli distali quanto prossimali, al di fuori di un contesto che rischierebbe di inaridirsi nell'esclusività di un quotidiano deprivato di integrazione sociale e ricchezza dialogica.

Certo caro ti comprendo, e anzi auspico per te una variegata metacomunicazione sociale e pubblica, una cinesica disinibita, una libera espressione dell'empatia sebbene all'interno di un contesto spaziale in cui la prossemica personale resti sopra la soglia dei 45 cm.



Credo sinceramente che un dialogo del genere non avverrà mai. Anzi, credo che qualora avvenisse sarebbe davvero sconcertante. Sconcertante e fonte di disoccupazione per qualcuno.



(1) L'ho letto su Google.
(2) "La soluzione è il problema" amava ripetere Paul Watzlawick

DSM (seconda e non ultima parte)

Tag: disconferma, doppio legame, tentata soluzione, schizofrenia, raggi fotonici.

Se ve lo state chiedendo, il mio costosissimo psicoterapeuta immaginario mi ha esortato a raccontare la mia interiorità complessa come parte di una terapia della personalità narcisistica. Questo è il motivo della presente riflessione.
Una volta guarito, basterà rivolgermi ad uno specialista in psicosi allucinatorie che mi liberi dallo psicoterapeuta immaginario prima che pretenda la parcella.

Ogni volta che il numero di persone con cui mi trovo a interagire supera il due, me compreso, io inizio un inesorabile percorso di sofferenza che aumenta col crescere di quel numero. Tre: trovo difficile seguire un discorso. Quattro: le voci si sovrappongono e mi si accavallano le orecchie. Cinque: il dialogo si interrompe in un susseguirsi di battute, scherzi, maliziose allusioni e io perdo contatto con le facoltà limbiche. Sei ed oltre: quello che vorrei dire, quello che vorrei ascoltare e tutta l'intimità di questo mondo viene violentata da una festosa euforia.
Quando mi invitano ad una festa, nessuno immagina il misto tra speranza, gratitudine e terrore che mi assale mentre la mia bocca priva oramai del controllo mentale scandisce con un sorriso le parole "si, grazie". Se in tali occasioni osservate attentamente, potete scorgere nel buio della mia cavita orale un'anima disperata aggrapparsi ai denti come alle sbarre di una prigione.
Vi è mai capitato di fermarvi nel bel mezzo di una serata e chiedervi "che diavolo ci faccio io qui?".
Sappiate che, nelle mie condizioni, accettare un invito di compleanno e rimanere fedele alla promessa è il più grande atto d'amore che io possa compiere. Accidentalmente è anche la giustificazione del fatto che non vi ho portato il regalo.

Si è vero, sarebbe bastato ammettere che non faccio regali ai compleanni per taccagneria o pigrizia invece di imbastire una apologia di 20 righe, ma proprio in questo sta la mia anormalità, ovvero non tanto nella mia idiosincrasia alle feste o ai regali quanto al fatto che ho bisogno di venti righe per esprimerla.
E se vi stupite per così poco, cosa direste allora dell'idealismo dialettico o della gnoseologia la cui ermeneutica è legata alle dimensioni ontologiche della comprensione, come esegesi testuale fondata su uno sconfinato e prolisso spiegamento di eserciti di parole per dire cose per le quali chiunque altro impiegherebbe monosillabi?
E se vi dicessi che nemmeno rileggendola più volte, la frase precedente acquista un senso?
Vi faccio un esempio pratico.
Ne "L'essere e il nulla", un enorme opera di centinaia di pagine che costituisce il fondamento teorico di una corrente filosofico-letteraria che è l'esistenzialismo, Sartre si è limitato ad affermare che l'esistenza precede l'essenza, ovvero l'uomo è condannato ad essere libero se nessuno lo invita il sabato sera.
Oppure prendete la psicanalisi, ovvero l'arte di dire qualcosa di arbitrario su qualcuno, senza nemmeno usare le carte dei tarocchi.
Voglio dire, a volte se una cosa sembra una cazzata, magari il motivo è perché in effetti lo è. D'altra parte chi ha mai dato a Sartre dignità di filosofo se non i suoi contemporanei compagnucci di merende filosofiche?
E chi ha dato valore alle ricorrenti ossessioni verso gli impulsi sessuali di un Austriaco (Freud) innamorato dell'amata (Salomè) di un filosofo (Nietzsche) che abbracciava cavalli, se non coloro che si arricchiscono in suo nome (gli psicoanalisti)?
Se ci pensate bene (sempre se pensare non vi risulti offensivo), tutta la letteratura e la filosofia e le loro degenerazioni (psicologia et al.) costituiscono una sconfinata e autobiografica apologia dell'inadeguatezza dei filosofi e dei letterati stessi all'esistenza. E nonostante ciò nessuno ne ha mai fatto un dramma a parte gli studenti alle prese con Leopardi.

Ma d'altronde chi mai può dirsi davvero normale, a parte le persone normali?

P.S. Per non lasciare che il mio giudizio negativo ne risultasse influenzato, non ho mai letto "L'essere e il nulla" di Sartre né alcuno degli scritti di Freud. Credo che uno sbrigativo e pregiudiziale disprezzo sia a volte più salutare di un erudito e argomentato prostrarsi al paradigma culturale corrente.

sconfitta

Sono figlio di Achille, vincitore di mille battaglie. Fu vaticinato che mai spada o freccia mi avrebbe trafitto e che avrei combattuto qualsiasi rivale senza paura. 
Ma il vero avversario non è quello che sai di poter battere. Così inviarono un ombra che si fece lentamente strada nel mio cuore e infine si sedette sul mio petto. Da allora io guardo il mondo bruciare e il cielo azzurro sopra di esso e mi chiedo perché dovrei abbandonare il mio giaciglio. Questo cielo è sopra la mia testa da sempre e per sempre uguale sarà sulle teste degli uomini. E prima o poi arriverà qualcuno a salvare il mio regno o a edificarne uno nuovo sulle sue macerie.

DSM

Sottotitolo: una struggente storia d'amore ai tempi della paroxetina cloridrato. Come parlare di figli con un prete o del significato della morte con un ragazzino di vent'anni, se capite cosa voglio dire.

Meteoropatia, disturbo bipolare, sindrome depressivo reattiva e manie ossessivo compulsive. Questo è quanto emerge dalle diagnosi degli psichiatri che ho incontrato nel corso della mia vita. Psichiatri: professionisti del disturbo mentale che, dopo averti accolto nel loro studio mentre sei in preda alla più lacrimevole disperazione con l'anima affranta che si avviluppa intorno ad un fazzolettino di vergogna per mostrarsi nella più nuda debolezza con occhi offuscati da lacrime zampillanti che si sollevano lentamente dal pavimento nella speranza di incontrare sguardi di autentica empatia, ti osservano con espressioni vacue che forniscono prospettive inedite al significato della parola compassione mentre le loro bocche annoiate dai tuoi psicodrammi pronunciano parole come "prenda queste pasticche" e "ci rivediamo il mese prossimo" che si può supporre costituiscano il massimo  dell' articolazione linguistica che una laurea in psichiatria sia in grado di fornirvi.
Adesso potete riprendere fiato. 
Il Kilimangiaro è alto 5895 metri. Se il Kilimangiaro vi sembra leggermente fuori tema significa che vi è rimasto sufficiente ossigeno nel cervello, il che mi incoraggia ad andare avanti.
A differenza degli psichiatri, gli psicoterapeuti non hanno mai fatto diagnosi e per questo li ho sempre apprezzati di più. Alcuni di loro hanno tentato di orientarmi verso nuove dimensioni esistenziali attraverso il dialogo, come farebbe un buon sarto che confeziona un vestito su misura facendovelo pagare una fortuna. Ed io avevo proprio bisogno di un vestito adatto ad una vita normale.
Se vi state chiedendo se l'ho trovato, forse non avete letto il blog.
Comunque sia una volta mi sono invaghito di una psicoterapeuta. Era carina e intelligente e mi ascoltava, cosa che non accadeva così spesso. Forse era solo questione di ottima memoria o magari faceva un ripasso dal suo taccuino qualche minuto prima che io arrivassi nello studio, ma i suoi appropriati accenni ai miei precedenti sproloqui elencati minuziosamente all'inizio di ogni nuova seduta mi facevano sentire ascoltato.
Stava persino attenta a non farsi scoprire quando guardava l'orologio prima di sancire la fine di una terapia. Io alle volte abbassavo gli occhi apposta per lasciarla appropriarsi di quegli spazi infinitesimali di cui necessitava. In altre occasioni invece le tenevo gli occhi così incollati addosso che le sedute diventavano interminabili.
Ricordo ancora con tenerezza quel giorno in cui le chiesi immodestamente se non la affaticasse avere in cura un paziente così provocatorio, pieno di dubbi, domande e riflessioni e soprattutto così intelligente. Lei mi rispose che fortunatamente i suoi pazienti non erano tutti così impegnativi e che per rilassarsi subito dopo di lui, incontrava me.
Mi ha aiutato a reinventarmi, a credere che avevo tutto il diritto di cercare ciò di cui avevo bisogno.
Avevo diritto di scegliere le persone che più mi piacevano, che amassero conoscere, studiare e riflettere, pronte al dialogo, all'ascolto, che avessero dubbi e domande come me. Il che equivaleva, in una città come la mia, ad avere il diritto di restare soli. No, non è vero, sto scherzando. Ho avuto la fortuna o il merito, come lei mi ripeteva sempre, di conoscere ragazze ed amici stupendi. A volte mi chiedo come possano accettare l'amicizia di una persona disturbata come me e mi rallegro del fatto che tra le loro qualità non rientri quella di farsi troppe domande.
Comunque era davvero carina. Carina e piena di accortezze e sensibilità. Non raccoglieva mai il denaro che le lasciavo alla fine della seduta, prima che io me ne fossi andato. A volte lo ritrovavo sulla scrivania la seduta successiva.
Il nostro rapporto rimase sul professionale per un pò, fino ad una notte durante la quale, in preda ad un delirio incontenibile, decisi di chiamarla al telefono. Le dissi che non potevamo più continuare la terapia perchè mi ero invaghito di lei:

-Dottoressa mi ascolti la prego, come potrò essere sincero con lei se percepisco così forte il desiderio di piacerle? Lei è così comprensiva, mi ascolta, è divertente, intelligente e così bella! Perchè non interrompiamo la terapia ed usciamo insieme? Si immagina? La nostra storia d'amore tra intense chiacchierate e cappuccini!

Lei rimase un pò in silenzio all'altro capo del telefono. Potevo sentire i suoi lunghi e profondi respiri. Forse era solo stupita o magari era l'asma, fatto sta che credetti di aver colto psicosomatici segnali emotivi di un qualche turbamento.
Magari a furia di chiacchierate e sguardi ai due capi di una scrivania, lei aveva iniziato a desiderare di trascorrere più tempo con me e nello specifico non con me-paziente ma con me-persona.
Mentre congetturavo carico di inconsistente speranza fui colto da una incontrollabile eccitazione. Mi sorpresi a pensare: dimmi che mi ami, dimmi che mi ami e che anche tu hai deciso di interrompere la terapia, che sono guarito e che tutto quello che vuoi adesso è il nostro amore!

Poi lei rispose:
"Non si preoccupi, il transfert è indizio che la terapia funziona. Ne riparliamo la prossima settimana".


La fine del mondo

Eravamo ancora insieme,
ricordi?
Tutta la città in fermento
e noi in cima alla collina con gli occhi al tramonto.
Ci  avevano detto che da un momento all'altro
sarebbero apparse le luci.

Aspettammo la notte
ed ecco che le stelle presero a brillare.
Fu allora che tu mi abbracciasti.
Ti vidi piangere qualche secondo
prima di dirmi che
avevi capito.
Avevi capito che,
nonostante tutto,
ero stato io il tuo amore più grande.

Così accarezzai i tuoi capelli
e senza lasciarmi vedere
piansi anch'io.

Poi, come promesso, arrivarono le luci.
Chiudemmo solo un attimo gli occhi.
Fu allora che sentii
la tua mano delicata
stringere la mia.

Cronaca

Sara Tommasi: “Non voglio più vedere la gente che mi ha usata”.
Ecco perchè recitava di schiena.

sapienza

Nella vita ho vissuto due momenti di grande sapienza. La prima da giovane: avevo appena iniziato l'università e mi sentivo colmo di nuove idee.
La seconda dopo molti anni di studio, quando compresi che non avrei mai scalfito nemmeno la superficie della conoscenza.

evoluzione

E' evidente che alcuni uomini derivino dalle scimmie. Ma gli altri?

Resto sconcertato dal fatto che la grande differenza che io percepisco tra me e le scimmie corrisponde ad una minuscola percentuale di differenze genomiche...ma forse mi sto solo sopravvalutando.

Non siamo abbastanza intelligenti da capire cos'è l'intelligenza (Hans Magnus Enzensberger). 
Siamo più a nostro agio con la stupidità.
 
La parte giusta in cui credo di essere è quella secondo cui "non sono sicuro di essere dalla parte giusta."


 P.S. ho voluto riportare alcune mie riflessioni sorte in un dibattito sull'evoluzionismo. Sono i contributi più intelligenti che sono riuscito ad esprimere, per cui desidero conservarli. Immaginate gli altri.

tecnologia

E' stata realizzata la nave da crociera più grande del mondo. Ospita migliaia di passeggeri ed unisce i porti delle città marittime più importanti. Senza neanche salpare.

cronaca

"iPhone5: nelle prime due settimane 10 milioni di pezzi." Pezzi di?
(la risposta alla domanda è lasciata per esercizio)

P.S. forse intendevano dire che è molto fragile.